A Black Harbor, un purgatorio dove ognuno pensa soltanto a se stesso, le cime appuntite come frecce di pini e abeti si stagliano contro un cielo grigio perla. Tra vento, pioggia, odore di lische di pesce e di terra umida, le polveri tossiche del carbone infettano l'aria e avvolgono tutto in un nero sudario. C'è chi decide di fuggire, e chi di gettarsi dal ponte di ferro rugginoso teso tra le rive del fiume come l'esoscheletro di un gigantesco insetto preistorico. Trasferitasi in questa città del Wisconsin, Hazel Greenlee è la nuova addetta alle trascrizioni presso il dipartimento di polizia. La notte, sola nel suo piccolo ufficio, digita al computer le registrazioni audio di rapporti e verbali di interrogatori, attribuendo volti immaginari alle voci dei detective che risuonano negli auricolari. Del contenuto dei file, oggetto della massima riservatezza, non può parlare con nessuno, nemmeno con il marito. Il suo non è un lavoro adatto a tutti. Mentre le dita volano sulla tastiera, Hazel è costretta ad ascoltare il resoconto brutalmente esplicito di eventi traumatici. Quello che la sostiene è il sogno di diventare una scrittrice, e non è facile vincere la tentazione di aggiungere qualche dettaglio ai documenti. Ma questo buco d'inferno sembra esercitare un'irresistibile attrazione su criminali in cerca di un luogo dove scomparire, perciò non le mancherà la materia prima a cui ispirarsi. A rischio della vita.