La Phnom Penh che conosceva non esiste più. Al suo arrivo Malko Linge se n'è subito reso conto. Dopo la follia genocida del regime dei khmer rossi non resta nulla dell'antica capitale in cui si ballava fino all'alba nei locali lungo il Mekong. Sono scomparsi gli innumerevoli ristoranti, le fumerie di oppio, perfino le prostitute in attesa dei turisti all'uscita degli alberghi. La popolazione che aveva creduto al sogno egualitario è precipitata nell'incubo delle deportazioni nelle risaie, dei centri di tortura, della rieducazione forzata. Anche se l'invasione vietnamita ha liberato tre quarti del paese, Malko si aggira in una città fantasma, tra case fatiscenti, strade buie e semideserte, il casinò raso al suolo, le ambasciate trasformate in caserme. Inoltre il suo contatto locale è stato appena trucidato con due spilloni conficcati negli occhi. La missione senza pericoli prospettatagli dalla CIA come mediatore nei negoziati di pace non comincia nel migliore dei modi. Non sarà facile districarsi nel groviglio degli interessi di tutte le forze, interne ed esterne, che vogliono uscire vincitrici dal tritacarne cambogiano. Al Principe delle Spie si consiglia la prudenza, augurandogli di non dover sperimentare gli atroci supplizi messi a punto dai macellai di Pol Pot.