Nell'Ottocento il teatro russo era dominato da melodrammi e farse stereotipate, ma Anton Cechov fu in grado di rinnovarlo creando un nuovo tipo di dramma, capace di mettere a nudo la vita quotidiana della gente comune e anticipando con acume struttura e stile della drammaturgia novecentesca. In Ivanov un uomo è soffocato dall'inattività e dall'idealismo perduto, mentre Il gabbiano contrappone il romanticismo egoista di un giovane scrittore allo stoicismo di una donna crudelmente abbandonata dal suo amante, in una superba difesa dell'arte e dell'amore. Con Zio Vanja, la sua prima opera pienamente matura, Cechov racconta di una famiglia riunita nella tenuta di campagna che ne garantisce il sostentamento, ma potrebbe essere ceduta per far posto al progresso. In Tre sorelle le sorelle Prozorov sognano senza sosta di andare a Mosca per sfuggire alla monotonia della vita di provincia, mentre Il giardino dei ciliegi ritrae personaggi futilmente aggrappati al passato mentre la loro terra viene venduta. Cechov fu in grado di creare un mondo drammatico unico, costantemente in bilico tra tragedia e commedia, i cui personaggi sono sempre sul ciglio di un cambiamento, così come lo era la società russa del suo tempo: l'aristocrazia che perde i propri privilegi, le persone comuni che scorgono una nuova vita possibile. Le sue opere esplorano l'amore, la perdita e la ricerca di un significato in un mondo apparentemente indifferente, ma è anche grazie a un peculiare uso dell'umorismo, dell'ironia e della tensione che il suo stile ha influenzato le generazioni successive di scrittori.